Mentre mi dirigevo verso il luogo dell’incontro, mi domandavo in che modo una lezione sul Concilio di Nicea, di cui ricorrono i 1700 anni, avrebbe potuto essere significativa anche oggi. Non mi aspettavo di trovare giovani così motivati da studiare la storia di quel Concilio e avere il coraggio di narrarlo a una
platea non molto numerosa, ma senza dubbio qualificata.
Giovanni, Antonio e Maria, (questi i nomi dei relatori, rappresentanti dei giovani copti di Milano), andando anche oltre il testo stesso del Concilio, hanno fatto emergere alcuni aspetti che sono collegati al desiderio di una più profonda comunione tra i discepoli di Gesù. Giulia, Federica ed Emanuele (rispettivamente ortodossa, cattolica e battista) hanno poi commentato le relazioni principali, partendo da ciò che ha portato loro a credere nel Figlio di Dio. Al termine dell’incontro, mi sembra di aver colto alcuni motivi per cui questo Concilio è ancora significativo a distanza di più di mille anni.
ALLE RADICI DELLA FEDE
Innanzitutto, è emerso il bisogno di approfondire le radici della propria fede, strettamente connesse con la loro identità: quello che per molte persone potrebbe sembrare solo un capitolo della storia, è stato raccontato con dovizia di particolari; i giovani che raccontavano Nicea apparivano come dei nipoti che raccontano le avventure dei loro antenati per non perderne la memoria. Essere cristiani praticanti e abitare nella città di Milano mette senza dubbio i giovani in una condizione di minoranza, imponendo loro uno stile di vita differente e a volte fuori dai canoni di tanti loro coetanei. Si intuisce quindi la necessità per loro di conoscere bene la tradizione di fede che, come un fiume, sgorga dal Nuovo Testamento, attraversa le regioni africane, culla della fede copta, e arriva sino a Milano.
Inoltre, i relatori hanno documentato come il Concilio sia stato fruttuoso grazie ai santi che lo hanno incarnato e che hanno favorito la sua recezione. La vicenda di san Atanasio, condannato all’esilio più volte, anche dopo il Concilio di Nicea, è una vicenda di grande attualità per i cristiani che vivono la fede in una condizione di diaspora. Il Concilio di Nicea non ha generato solamente documenti e canoni, ma storie inedite di santità, che ispirano ancora oggi i cristiani di Oriente e di Occidente.
IL PARADOSSO
Infine, è stato messo bene in luce il paradosso di Nicea: un Concilio, che doveva riportare la pace, segna invece l’inizio di un conflitto tra diverse fazioni che si scomunicano a vicenda, anche a causa della negativa influenza degli imperatori. Il racconto dei giovani ha messo bene in luce come il rapporto tra politica, fede e istituzioni ecclesiali non è mai pacifico o consolidato una volta per tutte, ma è sempre soggetto a necessarie purificazioni, in vista del pieno compimento del Regno, nel quale il peccato delle divisioni sarà definitivamente redento.
LA SFIDA
Il fatto che questa lezione si sia tenuta nella “parrocchia dei migranti” di Milano, ha dato un valore aggiunto all’incontro. Come la Chiesa rappresentata dai vescovi a Nicea non era “eurocentrica”, così non lo è la Chiesa attuale; basti pensare che oggi il numero di cristiani in Africa supera quello dell’Europa e la maggior parte dei cattolici del mondo vive nelle Americhe.
Anche il popolo di Dio del XXI secolo a Milano si presenta sempre più multietnico e questo può aiutare la fede di tutti i credenti presenti nella Diocesi ambrosiana. Allo stesso tempo, questo dato apre una sfida inedita: siamo infatti richiamati a non sovrapporre la cultura di appartenenza con la nostra religione, poiché il cristianesimo abbraccia culture molto diverse tra di loro.
In conclusione, ascoltando giovani di differenti confessioni commentare il Simbolo di fede, mi tornava spesso alla mente la citazione riportata da san Giovanni XXIII nella sua prima enciclica: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas, ovvero “unità riguardo alle cose necessarie, libertà su ciò che è incerto, la carità in tutto”.
Accogliere con gratitudine il Credo elaborato a Nicea e a Costantinopoli diviene fondamentale per custodire l’unità anche dentro le tensioni che ogni confessione cristiana vive. Una volta professata la fede nelle cose necessarie, è importante riconoscere una evangelica libertà di coscienza ai singoli fedeli e alle diverse confessioni intorno ai temi e alle tradizioni su cui la Chiesa non si è espressa in modo altrettanto
autorevole.
Tratto dal numero 2 (Febbraio 2025) di “Fiaccola”